OGGETTO: China down
DATA: 28 Marzo 2024
Come rivelato da Reuters, nel 2019 la CIA, per ordine di Donald Trump, reagisce alla crescente influenza di Pechino lanciando una campagna di disinformazione contro il governo di Xi Jinping. Una prova della difficoltà occidentale nel penetrare la società cinese e che rafforza la necessità di riorientare le strategie d'intelligence.
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Nel 2019, quando Trump era Presidente degli Stati Uniti d’America, la Cia creò una piccola squadra di agenti operativi che diffuse informazioni negative sul governo di Xi Jinping: dai fondi nascosti all’estero di proprietà di alcuni membri del Partito comunista, agli sprechi della Belt and Road Initiative. L’operazione della Cia fu una risposta ai numerosi tentativi e piani segreti della Cina volti ad aumentare la sua influenza globale.

Da anni la Cina sta investendo molto sulle operazioni di spionaggio, reclutando e addestrando nuove spie e soprattutto sviluppando tecnologie avanzate con l’obiettivo di rendere più efficace la raccolta di informazioni su alcuni paesi stranieri. La questione stava preoccupando non poco gli Stati Uniti, che considerano la Cina come una minaccia al proprio potere ma non riescono a costruirsi una rete efficace di informatori all’interno del paese. Anche per questo la Central Intelligence Agency (CIA), sotto l’impulso del Presidente Trump, cambiò strategia e finalità di intervento aumentando in modo significativo il budget per le operazioni relative alla Cina e riducendo invece le risorse dedicate ad altri Paesi, soprattutto del Medio Oriente.

Fino all’inizio degli anni Duemila gli Stati Uniti potevano contare su un’estesa rete di spie in Cina, reclutate approfittando della corruzione che dilagava ai livelli più alti del Partito Comunista, che governa il paese in maniera dittatoriale. La rete di spie statunitensi in Cina fu però smantellata quasi completamente tra il 2010 e il 2012, l’anno in cui l’attuale presidente cinese Xi Jinping divenne segretario del Partito. L’amministrazione di Barack Obama, in carica tra il 2009 e il 2016, ignorò gli avvisi preferendo concentrarsi su altre situazioni problematiche, soprattutto in Medio Oriente e Afghanistan. Fu Trump a riportare la Cina al centro degli interessi dell’America, inaugurando dapprima una guerra commerciale (blocco alle importazioni con politiche selettive antidumping e dazi a difesa del mondo Usa) e, sotto traccia, avviando una campagna di delegittimazione dei più alti funzionari del partito comunista cinese al governo sotto la regia della CIA. La vera difficoltà di quest’ultima operazione, che pecca di efficacia, è rappresentata dalla bassa capacità occidentale di penetrare la società cinese. La migliore strategia di captazione di informazioni (HUMINT) si fonda sulla costruzione di una rete informativa locale la cui affidabilità e penetrazione costituiscono presupposti di efficacia e efficienza. L’uso dei soli strumenti tecnologici (OSINT-TECHINT) non può essere risolutivo.

In un mondo dis-informato e dis-incantato il potere si fonda sul binomio ordine/disordine, ormai superate le vecchie categorie linguistiche per la definizione dello spazio politico. Il nuovo sistema di relazioni internazionali incarnato dalle potenze imperiali tutte (Cina, Usa, Russia) risponde alla logica della potenza dell’annuncio che non può sortire effettiva e concreta realizzazione. Energia in divenire che non si fa atto, che rimane pura essenza annunciatrice di verità assolute. È questa la vera impostura moderna: nel secolo breve scorso la potenza non si atteggiava a strumento di mera coercizione, di coazione del nemico. Era, invece, dispiegamento concreto di forza bruta. All’annuncio sarebbe potuto concretamente seguire l’annientamento del nemico per mezzo della traduzione dell’atto in fatto, dell’annuncio della parola in verbo incarnato. Nell’attuale stato delle relazioni internazionali la dinamicità dei corpi politici (stati) si è tradotta in flussi liquidi veloci e inafferrabili, impalpabili, in coesistenze divenute interessenze che hanno come conseguenza la limitazione della potenza statuale per effetto di vincoli autoimposti sia politici sia economici.

Quella che si definisce globalizzazione nasconde la volontà di trasferire su un piano diverso da quello bellico gli interessi vitali di sopravvivenza della materiale essenza ontologica. Ed è così che, al di là di eccessi e virtuosismi tattici, la guerra diventa strategia propagandistica, esercizio di verbalità e di dialogicità, sottile argomentazione della dialettica diplomatica. Non che le armi siano silenti, come i conflitti attuali dimostrano. Certamente, le azioni di guerra sono inversamente proporzionali alle parole sulla/della guerra.

Roma, Febbraio 2024. XV Martedì di Dissipatio

Lo scenario, quindi, del secolo scorso è certamente differente dalla contemporaneità. E lo stesso linguaggio spiega questo mutamento. Alla dialettica amico/nemico è sostituita quella ordine/disordine. Ordinare il caos è il fine delle democrazie occidentali con a capo gli Usa. Dopo aver vinto la causa della diffusione della società del capitalismo democratico, che tempera diritti sociali e ricchezza, l’Occidente si è intestato un nuovo orizzonte di destino: un ordinamento globale comune e condiviso. Per realizzare questo progetto è necessaria una condizione essenziale, che cioè tutti i partecipanti alla spartizione della terra, ovvero alla costruzione del nuovo nomos, decidano principi condivisi da applicare. Senza di essi l’interregno delle potenze minime è destinato a durare ancora a lungo.

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