L’Io è innanzitutto un entità corporea. Così scrisse un secolo fa Freud per definire l’importanza del corpo nel processo di soggettivazione dell’individuo: «L’Io è in definitiva una proiezione psichica delle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo». E proprio sul corpo e sulle sue mutazioni David Cronenberg ha costruito il suo immaginario cinematografico. Un corpo contaminato da tecnologia, mass media, economia, politica. E dopo 8 anni di pausa il cineasta canadese (classe 1943) torna con un’opera che porta alle estreme conseguenze la sua riflessione sulle fratture insanabili dell’uomo contemporaneo. Il rapporto tra psiche e soma. Tra emozione e sensazione. Tra natura e tecnica. Ma Crimes of the future (2022) è molto di più. È un’opera poliedrica che genera espansioni di senso su più livelli. Filosofico, psicoanalitico, sociologico, politico. Come altri film di Cronenberg, si ama o si odia.
È difficile ridurre a sinossi film come Crimes of the future; in un imprecisato futuro distopico la razza umana non prova quasi più dolore. Le infezioni sono scomparse. Non si sogna. Alcuni individui sviluppano ghiandole e organi interni senza alcuna funzione adattiva. Le asportazioni chirurgiche di questi organi diventano performance artistiche di successo, al punto che i soggetti particolarmente “creativi” in fatto di mutazioni fisiologiche sono considerati come delle star. Uno di loro è Saul Tenser (Viggo Mortensen), un art performer che si esibisce insieme alla sua compagna, un’ex chirurga di nome Caprice (Léa Seydoux). Saul è uno dei pochi “fortunati” a provare dolore e a sognare. I loro spettacoli consistono nella rimozione chirurgica degli organi interni prodotti dall’organismo di Saul, attraverso un sofisticato macchinario biotecnologico guidato da Caprice. Ma Saul è anche un informatore dell’unità investigativa di polizia “New Vice”, incaricata di controllare possibili idee sovversive legate alle mutazioni corporee, non viste di buon occhio dai governi. Un giorno viene contattato da Lang Dotrice, leader di un gruppo eversivo di “plasticofagi”, evoluzionisti radicali che si sono fatti impiantare un sistema digestivo adatto a metabolizzare la plastica per risolvere i problemi ambientali. Lang convince Saul a “portare in scena” l’autopsia del figlio di 8 anni, soffocato a morte dalla madre perchè lo riteneva inumano. Il bambino era infatti nato con un sistema digestivo adatto a digerire la plastica: si tratterebbe del primo caso di mutazione fisiologica con finalità adattiva; in una parola, di evoluzione. Scopo di Lang è mostrare il miracolo rappresentato dal figlio al pubblico, per sensibilizzarlo “alla causa”.
Il film è stato interpretato da più parti come “techno-ecologico” e come portatore di soluzioni per risolvere il problema ambientale. Ma si consideri qui una battuta di Lang: «è ora che l’evoluzione si sincronizzi con la tecnologia umana». Per tecnologia s’intende l’impiego di conoscenze scientifiche in procedimenti diretti a scopi pratici. La tecnologia si pone in una posizione intermedia tra la scienza, che non mira necessariamente a risultati pratici, e la tecnica, che è utilitaristica ma prescinde dalla conoscenza scientifica. In un certo senso si configura come la forma più alta (o astratta) di razionalità per ottenere il massimo del profitto con il minimo degli sforzi. La tecnologia, però, non considera ciò che dell’uomo è irrazionale (il dolore, le emozioni, i sogni), ma che necessariamente lo vincola alle leggi di natura. Il prezzo è che «la tecnica non è più solo uno strumento nelle mani dell’uomo, ma un soggetto della Storia, e l’uomo solo un funzionario dei suoi apparati» (Galimberti). Ed è un’umanità vista come apparato quella di Crimes of the future: un mondo di burocrati, agenti infiltrati, sicari inviati da multinazionali, reti di cellule eversive. Perchè anche nella rivolta di Lang non vi è nulla di sovversivo nei riguardi di una tecnologia sempre più sottomessa all’utilitarismo della tecnica. Seppur mosso da nobili scopi (la causa ambientalista) è anche lui un funzionario dell’apparato.
Digerire la plastica permette di rimuovere quell’ostacolo alla produzione e al consumo di cui la questione ambientale rappresenta solo l’ultimo dei limiti. La ribellione di Lang non si sottrae al peccato di hybris del genere umano: è la natura (quindi l’evoluzione) che deve sincronizzarsi con la tecnologia. Affinchè ciò sia possibile l’irrazionale non deve trovare spazio per esprimersi; il risultato è un’umanità depsicologizzata perchè incapace di provare dolore ed emozioni. Galimberti evidenzia un importante passaggio della tragedia di Eschilo Prometeo Incatenato: il coro chiede se è più potente la tecnica, donata da Prometeo attraverso il fuoco, o le leggi di natura a cui l’uomo è vincolato. Prometeo risponde che nulla è più potente della seconda. Nel mondo greco il concetto di “limite” era ancora fondamentale affinchè l’uomo potesse evitare la nemesi (vendetta) degli dei, naturale punizione della hybris umana. I personaggi del film, proprio come Prometeo, incatenato e divorato da un’ aquila che gli rode il fegato, sono spettatori impotenti della loro autodistruzione. Eccitati, come in Crash (1997), dalle mutilazioni della carne, spettatori passivi di performances “creative” generate da un’arte non più in grado di produrre nuovi significati. Le ultime vestigia di ciò che un tempo era l’uomo abitano, chissà ancora per quanto, il personaggio di Saul Tenser: verso il finale lo vediamo dormire per terra, fuori dal letto biotecnologico usato per regolare i suoi “centri del dolore”. Caprice si accorge dei suoi lamenti e gli chiede se sta soffrendo. Saul le risponde:
«Il dolore è difficile da spiegare bene perchè diventa parte dei sogni. Si mescola al dolore emotivo dei sogni, perciò è tutto confuso».
Saul può ancora sognare perchè prova dolore ed emozioni, materiale necessario per i processi onirici. Ed è proprio sull’autore de L’interpretazione dei sogni che Cronenberg girò A Dangerous Method (2011).
L’interesse del regista canadese per la psicoanalisi è facilmente intuibile: essa nacque quasi per caso per risolvere il mistero che al tempo avvolgeva l’isteria, cioè sintomi somatici (come paralisi o cecità) in assenza di lesioni organiche associabili. Si ripropone la problematica frattura tra psiche e soma, inaugurata dal pensiero di Platone e formalizzata dall’indagine sul metodo di Cartesio. Per superare l’impasse Freud ipotizzò l’esistenza della “pulsione”, una forza ai confini dello psichico e del somatico: il sintomo corporeo altro non era che il tentativo di risolvere un conflitto psichico tra una fantasia inconscia (economicamente investita dalla pulsione) e il meccanismo di difesa messo in atto dall’Io per evitare che la fantasia (ritenuta inaccettabile) possa accedere alla coscienza. Per preservare questo equilibrio l’organismo è anche disposto, se sottoposto a certi fattori stressogeni, a sviluppare un sintomo somatico che però non ha alcun riscontro organico: se il lavoro terapeutico sul conflitto psichico ha successo si ha una restitutio in integrum del soma.
In A Dangerous Method troviamo ancora un mondo di fantasie che “media” tra corpo pulsionale e realtà, un mondo di fantasie inconsce che la psicoanalisi, da Freud in poi, si proporrà di indagare. Ma nell’immaginario di Croneneberg i sintomi sono inscritti nel soma: la pulsione, privata dei rappresentanti psichici a cui di norma si lega, collassa nel corpo e lo muta, proprio come avviene nelle psicosomatosi. L’essere umano resta così inerme, in balia di una realtà con cui deve necessariamente fare esperienza e un reale somatico che ancora lo vincola alle leggi di natura. Senza dolore, emozioni, sogni, in una parola senza l’irrazionale, l’uomo è incapace di trovare nuovi significati, quindi di soggettivarsi pienamente.
Cronenberg non fornisce soluzioni. Come afferma Caprice nella “performance” finale:
«Questa è solo la prima autopsia perchè poi ne verranno altre e poi altre. Lo scopo è creare una mappa del caos dentro di noi che ci guidi verso l’oscurità».
Perchè Crimes of the future è proprio questo: una disperata autopsia sull’uomo contemporaneo, e Cronenberg il suo folle e geniale patologo. Autopsia, dal greco antico, “il vedere con i propri occhi”.