Tutte le strade portano a Damasco

La Siria ritorna teatro di scontro tra potenze. Ma l'offensiva delle forze anti-Assad è solo la punta dell'iceberg. A Damasco si intrecciano, oggi più che in passato, gli interessi delle principali potenze regionali e globali. Un rimescolamento delle carte che rischia di far piombare la Siria nuovamente nel caos.

La tattica del cane pazzo non pagherà

Tra il fumo dei carri armati e l’eco di antichi rancori, si muovono le pedine di un conflitto senza fine. Il potere si frantuma, la legittimità sfuma; la violenza, ora regolata ora disordinata, disegna confini sfocati. Nelle stanze del potere israeliane, si calcolano mosse e si ignorano cause, mentre il tempo stesso sembra ripiegarsi su guerre già viste, risoluzioni mai arrivate.

Unifil, storia di una linea blu

Il terreno di scontro libanese fra Iran e Israele riporta alla ribalta i dilemmi sulle missioni di pace e le regole d’ingaggio delle Forze Armate italiane che nella Storia recente hanno perpetuamente dimostrato capacità di combattimento con risorse spesso opinabili e un’opinione pubblica contraria. Il Dpp 2024-26 ha il merito d’avere grandi ambizioni, ma risulta ancora evanescente sul piano strettamente strategico e tattico.

Spade di ferro

Con gli Ayatollah alle corde, ad un anno esatto dal 7/10 Israele sembra pronto a ridisegnare la mappa del Medio Oriente. Ma a muovere la mano di ferro di Tel Aviv non c’è che la contingenza di un presente senza tempo, in cui la vittoria è sempre un passo più in là. Fino al baratro.

«Lo Yemen continuerà a essere lo Yemen, come è sempre stato nella Storia, depositario di divisioni politiche e sociali, ma anche di una fortissima identità». L’Ambasciatore Mario Boffo sul futuro di Sana’a

«Per l’Iran lo Yemen è importante. La presenza di un forte alleato permette a Teheran una sorta di “testa di ponte” alla frontiera dell’Arabia Saudita, un importante controllo del Mar Rosso, la sussistenza di un’ulteriore base nell’azione di contrasto a Israele. Tuttavia, la presenza iraniana dovrà tener conto delle esigenze autonome degli houti nel voler essere parte importante dello Yemen, comunque il paese esca dalle lunghe crisi dell’area.»

Israele non ama le colombe

Con l'obiettivo di "mettere in discussione una serie di luoghi comuni", Arturo Marzano ha recentemente pubblicato "Questa terra è nostra da sempre. Israele e Palestina" (Laterza, Roma-Bari, 2024). È vero che gli israeliani sono passati dall'essere vittime a carnefici? È accettabile considerare che arabi e palestinesi «non hanno mai perso l’opportunità di perdere un’opportunità»? E che non vogliano altro che la distruzione del nemico? Uno studio attuale e fondamentale, ma che pecca di un'impostazione tendenziosa, per non dire esageratamente partigiana.

Un italiano a Damasco

La riapertura dell'Ambasciata italiana in Siria è passata in sordina, quasi ignorata, seppur d'importanza capitale. Roma riallaccia così i rapporti con Damasco nel tentativo di guidare la corsa al contenimento russo nell'area, nella speranza che gli alleati occidentali facciano lo stesso. Il lavoro da fare è tanto, ma Stefano Ravagnan - diplomatico di lungo corso - rappresenta una delle figure più meritevoli alle quali affidare la complessità di un compito simile.

La terroristizzazione della Palestina

La retorica che ha guidato le mosse israeliane degli ultimi anni è una e una sola: demonizzare il nemico confinante, partendo dalla sua classe dirigente. Un gioco pericoloso che si è rivoltato contro i propri ideatori. Così ora Tel Aviv è finita in un cul-de-sac strategico "troppo serio per essere lasciato ai politici".

Israele con le spalle al muro

L’attacco di Hamas è stato l’11 Settembre d’Israele poiché ha sancito la funesta cesura fra una percezione d'apparente invulnerabilità e la sua scomparsa. Ma rappresenta anche la fine di una convergenza parallela fra Tel Aviv e l'Occidente. Il vallo orientale fra il mondo dei buoni e quello dei cattivi ha perso ogni ragion d'essere, così come il credito politico su cui si fondava la Nazione, finito bruciato assieme a Gaza.

I dolori del gentil sultanato

L'Oman incarnato dalla figura del suo sovrano - il Sultano Haitham, succeduto a suo cugino Qaboos, scomparso nel 2020 - si ritrova ad affrontare profonde sfide geopolitiche. Non tanto (o non solo) per l'instabilità dell'area mediorientale, quanto per la necessità di mantenersi nel tradizionale ruolo di mediatore, in equilibrio fra Oriente e Occidente.

La diplomazia della violenza

Il gioco d’ombre tra Israele e Iran si svolge seguendo percorsi che toccano ragione ed illogicità. Difficile prevedere le dinamiche future: gli ultimi attacchi non sembrano aver dissipato i rischi di un’escalation regionale e globale. Rafah rimane l'incognita maggiore, mentre salgono a trentacinquemila le vittime palestinesi negli ultimi sette mesi.

Effetto Abramo

Nel settembre del 2020 venivano firmati gli Accordi di Abramo, oggi indicati come responsabili delle tensioni mediorientali. Ciò con un particolare focus su Israele, che nel tentativo di pacificare le relazioni con i propri vicini avrebbe commesso l'ennesimo peccato storico. Ma è un'analisi miope e connotata da una forte componente pregiudiziale, proprio perché manca di tenere in considerazione gli altri attori e le loro posture politiche.
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