Il Golden Power è uno strumento normativo introdotto dal decreto-legge n. 21/2012, poi più volte modificato nel corso degli anni e attuato con interventi di regolazione ed esecutivi. Tale strumento garantisce la conformazione della legislazione nazionale alla disciplina comunitaria sul controllo degli Investimenti Diretti Esteri. Il fine ultimo, in sostanza, è quello di garantire al Governo uno strumento flessibile ed incisivo per il controllo della circolazione di azioni in particolari settori strategici contro l’acquisizione di partecipazione rilevanti da parte di investitori stranieri sgraditi. In particolare, l’eventuale cessione ad investitori esteri di pacchetti azionari di società titolari di asset strategici deve essere preventivamente comunicata all’esecutivo.
Occorre riflettere sulle modalità attraverso le quali questo utile, e per certi versi rivoluzionario, strumento si inserisce nel cangiante e complesso quadro geopolitico attuale. In tal senso, va sottolineato che l’esercizio del golden power è diventato sempre più frequente a partire dalla seconda metà del 2020, in concomitanza alla scossa inflitta al già fragile teatro geopolitico dalla pandemia. Si è più volte parlato, non sempre con cognizione di causa, di deglobalizzazione, polarizzazione delle posizioni dei maggiori attori internazionali, di nuova guerra fredda. In realtà quando si utilizzano tali termini bisognerebbe tener presente che si tratta di processi lunghi e complessi, che non si esauriscono nel giro di pochi mesi o anni.
In queste situazioni occorre, più che fotografare un dato momento in modo freddo e statico, rivolgere l’attenzione all’evoluzione dinamica, e non lineare, dei rapporti geopolitici. I golden power sono esercitati con modalità e finalità diverse, nonché nei confronti di entità politico economiche tra loro molto eterogenee. A conferma di ciò vi sono due esempi, il caso Pirelli e quello Whirpool.
Per quanto concerne la multinazionale Pirelli, leader nel settore di gomma e pneumatici, viene in rilievo l’acquisizione di partecipazioni rilevanti da parte della competitor cinese CNTRC. L’esercizio del golden power è stato autorizzato dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministero dell’Impresa e del Made in Italy (MIMI). Nella fattispecie, l’esecutivo ha approvato prescrizioni per evitare che Pechino potesse entrare in possesso di una particolare tecnologia basata su Sensori Cyber, ovverosia su sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Trattasi di componenti di altissimo sviluppo tecnologico in quanto svolgono una pluralità di funzioni, fra le quali l’analisi di dati, la comunicazione tra veicoli, l’invio in tempo reale del tempo di traffico, lo stato del manto stradale e delle relative infrastrutture.
Le preoccupazioni dell’esecutivo vertono su un possibile utilizzo improprio di tale know-how, in particolare in materia di tutela dei dati e di sicurezza interna. Rendendo evidente la volontà politica di non favorire la Cina, con la quale i rapporti sono quantomeno ambigui, anche in ragione della prevedibile imminente uscita dall’imponente progetto Belt and Road, la cui partecipazione suggellata dal governo gialloverde (Conte I) è stata definita dal Ministro della Difesa Crosetto una decisione scellerata. Infatti, l’esercizio del golden power, e le relative le prescrizioni entrate in vigore sono essenzialmente volte ad evitare che il gigante asiatico possa fare propria tale eccellenza italiana. Analizzando il testo del provvedimento emerge l’imposizione di una complessa struttura di controlli, sia interni che esterni: dall’imposizione della necessaria maggioranza dei quattro quinti per decisioni su materie tassativamente indicate, all’istituzione di un sistema di vigilanza a cura del MIMI, coadiuvato da uno interno (ma autonomo) alla società stessa. Tali misure arrivano a configurare un complesso sistema di sicurezza, innovativo e particolarmente restrittivo, per l’accesso alle informazioni sensibili. In conclusione, l’utilizzo del Golden power ha una chiara vocazione politica e non riconducibile soltanto ad esigenze di sicurezza nazionale.
Molto diverso il caso Whirpool, dove l’esercizio del Golden power ha portato all’apposizione di condizioni alla fusione tra Whirpool Emea e la società turca Arcelik, titolare del marchio Beko e di molti altri; operazione quest’ultima che era finalizzata alla costituzione di un polo di produzione europeo di elettrodomestici. A questo punto l’interrogativo sorge spontaneo: in che modo la fusione tra due produttori di elettrodomestici dovrebbe interessare la difesa o sicurezza nazionale?
Per sciogliere il quesito va approfondito il contenuto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) su proposta del MIMI, recante norme ad hoc per regolare l’operazione Whirpool-Arcelik. Infatti, appare chiaro come il fine principale sia preservare i livelli di occupazione dei 4600 dipendenti suddivisi in quattro stabilimenti produttivi tra Lombardia, Toscana e Marche. È semplice notare come il medesimo strumento sia stato utilizzato per finalità completamente diverse, nel caso Pirelli-CNTRC di carattere politico-strategico, in quello Whirpool-Arcelik con una vocazione sociale inedita. Ritenere che la tutela dei livelli occupazionali rientri nel concetto di interessi nazionali essenziali, essendo quest’ultimi il requisito necessario previsto dalla legge per esercitare il golden power, è sicuramente un precedente significativo, che un caso isolato possa diventare prassi?
Impossibile prevederlo, ciò che appare credibile è che, nel breve periodo, il messaggio politico ‘’chi acquista la società assume l’onere della tutela dei lavoratori’’ possa essere accolto positivamente dall’opinione pubblica, mentre dal punto di vista programmatico, con l’ampliamento dei casi di vigilanza del potere esecutivo sulle grandi imprese, possa essere (ri)valorizzato un metus publicae potestatis nei confronti delle grandi multinazionali che ad oggi sembra inesistente.
In conclusione, il Golden power è uno strumento flessibile, incisivo ed innovativo, idoneo ad evitare che l’attrazione di capitali esteri entri in tensione con gli interessi strategici della Repubblica. Ad oggi è stato esercitato con decisa parsimonia, che sia l’inizio di una riaffermazione della centralità degli interessi nazionali su quelli sovranazionali?